giovedì 10 aprile 2008

Povertà segno di questo tempo


Guardiamo spesso in televisione immagini di persone che non hanno da mangiare, di bambini così magri che fanno impressione. I giornali, a volte, ci mostrano foto nelle quali i volti sono segnati dal dolore e la sofferenza è l'unico vero messaggio. Per contrasto gli stessi mezzi di informazione ci consegnano le coordinate di una società ricca e opulenta. Nel mezzo chi non sta né di quà né di là ma che cerca di sopravvivere ogni giorno investendo sulla dignità di persone che non rinunciano ad apparire diverse da come sono.

Anche in Italia la realtà si fa più dura e le notizie fanno registrare il caso dei cosidetti "nuovi poveri". Ci dicono che la classe media sta diminuendo e che il futuro non evidenzia nulla di posivito.

Non so se in questo modo vogliono raccontare la realtà, oppure, esagerano per assecondare l'opinione dominante.

Il costo dei generi alimentari cresce di pari passo con il prezzo della benzina e tutto il resto segue questo ritmo. Ci sono famiglie che non arrivano alla quarta settimana, altre che non arrivano alla terza. Che fare?

Sono rimasti solo i politici, in questi giorni impegnati nella campagna elettorale, a lanciare promesse. Ma che centra tutto questo con il mio blog. Credo che l'argomento sia invece molto importante perchè ci interpella come uomini e come cristiani. Ma ci interpella ancora di più come diaconi impegnati ad incarnare il Cristo servo.

Che fare? Mi chiedo questo: che fare? Forse è il tempo che la Chiesa deve potenziare ancora di
più il ruolo di intervento nel sociale. Lo dico perchè non credo che le istituzioni siano veramente capaci di far fronte a tutto come si dovrebbe. Credo che occorre anche recuperare il senso di una solidarietà vera tra le persone che si è persa nelle pieghe di una storia dove l'individualismo si è fatto regola.
Parliamo tra noi di Comunità. Ma cosa significa Comunità, quale è il senso vero di questo termine. Dove sta la Comunità? Chi forma la Comunità? Chi dobbiamo, nella sostanza, pensare che sia la Comunità?
Ha ancora un senso per quanti si dicono cristiani vivere da cristiani? E come vivere da cristiani in questo tempo? Ci sono segni di speranza? Quali i segni dei tempi?

1 commento:

luigi vidoni ha detto...

Hai toccato un tema veramente cruciale ed hai sollevato interrogativi che non sono di immediata risoluzione né hanno una risposta che appaghi le aspettative.
“I poveri li avrete sempre con voi” è il monito di Gesù…
Pare che la “situazione di povertà” non si possa quindi risolvere, quasi facesse parte della natura di questa nostra esistenza. Forse è così…, ma la precarietà dell’esistenza umana se da un lato sancisce il “limite” della creatura, dall’altro anela a qualcosa che la trascenda.
Che fare? Ti chiedi.
In effetti dobbiamo interrogarci seriamente a non lasciare le cose come stanno. Però prima ancora di “potenziare il ruolo di intervento della Chiesa nel sociale”, occorre “recuperare il senso di una solidarietà vera tra le persone”, indipendentemente dalla loro appartenenza...
Ci vogliono persone “nuove” per strutture “nuove”! Ciò non significa frenare la presenza cristiana nella società, anzi, occorre intensificarla; ma con la consapevolezza che occorre creare coscienze nuove, uomini nuovi, evangelicamente motivati, impegnati a dare il proprio contributo concreto nel posto devo sono; creare una coscienza comunitaria, uscire dal proprio individualismo di persone “per bene” soddisfatte della loro appartenenza alla Chiesa; aprire il dialogo con tutte le persone di buona volontà al servizio dell’uomo… per contribuire concretamente alla fraternità fra tutti.
Avere il coraggio di andare oltre una pastorale prevalentemente sacramentaria e farsi carico delle istanze di precarietà e di povertà (delle nuove povertà) delle persone che ci circondano.
Creare una mentalità di condivisione è un lavoro lungo, meticoloso, paziente e costante…
La nostra sia una “presenza”, non un semplice tampone all’emergenza (che è anche necessario!), quasi che la carità della Chiesa fosse relegata al ruolo di “pietosa infermiera…”.

Termino convinto che ci sono segni di speranza, perché si vedono… dipende da noi farli fruttare al meglio.