Avrei voluto scrivere qualcosa di mio ma sarebbe stati per davvero troppo. E così oggi inserisco solo qualche passaggio dell'omelia pronunciata da Papa Francesco alla messa crismale del 28 marzo 2013. Sono parole che interpellano ogni sacerdote ma, e lo dico con profonda convinzione personale, anche ogni diacono e perfino ogni battezzato chiamato al sacerdozio comune. Ma ecco le parole di papa Francesco: "Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo. Quando la
nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce
dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente
gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che
predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne
fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie”
dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono
saccheggiare la sua fede. La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato
con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue
angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo,
giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera
arrivi al Signore: “preghi per me, padre, perché ho questo problema”, “mi
benedica”, “preghi per me”, sono il segno che l’unzione è arrivata all’orlo del
mantello, perché viene trasformata in supplica. Quando siamo in questa relazione
con Dio e con il suo Popolo e la grazia passa attraverso di noi, allora siamo
sacerdoti, mediatori tra Dio e gli uomini. Ciò che intendo sottolineare è che
dobbiamo ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, a volte
inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale - ma lo è solo
apparentemente - il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio
profumato, perché sa che noi lo abbiamo. Intuire e sentire, come sentì il
Signore l’angoscia piena di speranza dell’emorroissa quando toccò il lembo del
suo mantello. Questo momento di Gesù, in mezzo alla gente che lo circondava da
tutti i lati, incarna tutta la bellezza di Aronne rivestito sacerdotalmente e
con l’olio che scende sulle sue vesti. È una bellezza nascosta che risplende
solo per quegli occhi pieni di fede della donna che soffriva perdite di sangue.
Gli stessi discepoli – futuri sacerdoti – tuttavia non riescono a vedere, non
comprendono: nella “periferia esistenziale” vedono solo la superficialità della
moltitudine che si stringe da tutti i lati fino a soffocare Gesù (cfr Lc
8,42). Il Signore, al contrario, sente la forza dell’unzione divina che
arriva ai bordi del suo mantello.
Così bisogna uscire a sperimentare la
nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle “periferie”
dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono
prigionieri di tanti cattivi padroni.....
Il sacerdote che esce poco da sé, che unge poco - non dico “niente” perché la
nostra gente ci ruba l’unzione, grazie a Dio - si perde il meglio del nostro
popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore
presbiterale. Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a
poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza:
l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in
gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento
affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui deriva precisamente l’insoddisfazione di
alcuni, che finiscono per essere tristi e trasformati in una sorta di
collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con
“l’odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di
uomini. È vero che la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti
e si somma ad una crisi di civiltà; però, se sappiamo infrangere la sua onda,
noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti. È bene che
la realtà stessa ci porti ad andare là dove ciò che siamo per grazia appare
chiaramente come pura grazia, in questo mare del mondo attuale dove vale solo
l’unzione - e non la funzione -, e risultano feconde le reti gettate unicamente
nel nome di Colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù.
Cari fedeli, siate
vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la preghiera perché siano sempre
Pastori secondo il cuore di Dio".
GRAZIE PAPA FRANCESCO PER QUESTA NUOVA PRIMAVERA CHE CI INVITA AD APRIRE PORTE E FINESTRE ALLA VITA QUOTIDIANA SENZA LA QUALE IL NOSTRO DIRE RESTA SOLO UN INSIEME DI PAROLE VUOTE...
Il blog è dedicato ai diaconi permanenti italiani ma è aperto a tutta la Chiesa e non solo. I diaconi in Italia sono circa 3500 e svolgono un ministero che il Concilio Vaticano II ha voluto ripristinare. Anche i diaconi hanno qualcosa da dire e da...ascoltare.
venerdì 29 marzo 2013
mercoledì 27 marzo 2013
Fanno pena parrocchie chiuse, bisogna uscire...

Ma non basta. Papa Francesco ha anche sottolineato come la "la casa di Gesù è la gente" e ha esortato ad ''uscire da noi e andare verso le periferie dell'esistenza. Vivere la Settimana santa andando incontro agli altri, a chi ha più bisogno di aiuto''.
In questo modo sta scrivendo l'enciclica della "povera gente", di chi ogni giorno suda, fatica, si sporca le mani con il lavoro, soffre, spera e vive. Il messaggio di Papa Francesco è chiaro: il Vangelo è vita. L'evagelizzazione passa attraverso la vita quotidiana. Il resto direbbe qualcuno sono "chiacchiere e distintivi".
Gesù ha attraversato la terra di Galilea incontrando le persone, parlando alla gente, mostrando con l'esempio cosa è l'amore. Il resto può avere senso se nella persona che annuncia c'è questo "prius" che "vita quotidiana" con i suoi affanni, i suoi dubbi, i suoi perchè.
Con le parole possiamo fare grandi discorsi, toccare vette di alta teologia (che restano comunque cose importanti e necessaroie) ma se la vita non è toccata dall'amore tutte le parole sono costruzioni sapienti che non toccano il cuore.
Anche noi diaconi che siamo chiamati in maniera specifica al servizio siamo fortemente interpellati da Papa Francesco. La nostra testimonianza per essere credibile ha bisogno di gesti, di azioni, di opere, di vita concreta vissuta tra quanti hanno bisogni materiali e spirituali e "gridano aiuto".
"Nella sua missione terrena - ha osservato papa Bergoglio - Gesù ha percorso le strade della Terra santa, ha chiamato 12 persone semplici perchè condividessero il suo cammino e la sua missione, ha parlato a tutti senza distinzione, ai grandi e agli umili, al giovane ricco e alla povera vedova, ha portato la misericordia di Dio, ha guarito, compreso, dato speranza". Gesù, ha commentato, non vive questo in "modo passivo", ma si consegna con fiducia a Dio". Questo per il cristiano significa che "questa è anche la mia, la tua, la nostra strada" e così vivere la settimana santa è "imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell'esistenza, per primi verso i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i più lontani quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione e aiuto". La logica della croce, ha spiegato, "non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell'amore e del dono di sè che porta la vita" e "entrare nella logica del Vangelo significa uscire da noi stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dai propri schemi che finiscono per chiuderci".
"Spesso - ha osservato il Papa - ci accontentiamo di qualche preghiera, di qualche messa domenicale, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di uscire, siamo un pò come san Pietro, che non appena Gesù parla di dono di sè" scappa.
"Spesso - ha osservato il Papa - ci accontentiamo di qualche preghiera, di qualche messa domenicale, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di uscire, siamo un pò come san Pietro, che non appena Gesù parla di dono di sè" scappa.
giovedì 14 marzo 2013
Francesco ripara la mia Chiesa...

Improvvisamente tutto è diverso. Stiamo vivendo, per davvero, tempi che aprono il cuore alla speranza...
Le persone che ho incontrato oggi erano tutte contente...qualcuna mi ha detto: "Ora posso tornare a credere!!!".
Tra le altre cose ha invitato i sacerdoti ad essere misericordiosi e poi l'omelia della messa del pomeriggio che desidero leggere e rileggere bene prima di dire qualcosa (di questa, infatti, mi riservo di parlare nel post di domani)...per oggi mi basta sono già abbastanza frastornato.
mercoledì 6 marzo 2013
Il Conclave alle porte tra attese e speranze...
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